TRA
MERIDIANI E PARALLELI: IL MONUMENTO DI TERMOLI
di Luigi Murolo
Il monumento di Termoli |
Intriga
potere vedere tracciato sulla terra il segno visibile del punto immaginario che
scandisce il tempo orario quotidiano dell’ex-sistere contemporaneo nell’Europa centro-occidentale (è il l’arco centrale della
zona [UTC+1] compresa tra 7,5° E e 22,5° E che definisce la prima ora legale).
Intriga il pensiero di poter trovare a pochi passi da noi, nella continua
mutevolezza del piano sabbioso, la traccia concreta di quel punto di incontro
tra meridiano e parallelo che la comunità scientifica ottocentesca ha
riconosciuto essere il primo fuso orario dopo il meridiano zero di Greenwich.
Singolare, insomma, poter osservare gli effetti di quella Conferenza internazionale dei
meridiani
tenuta a Washington nel
1884 che avrebbero trovato applicazione in Italia solo a partire dal 1°
novembre 1893. In effetti, suddividere i gradi dei meridiani (360) per le ore
di una giornata (24) fissa in 15° gradi lo standard per la definizione di un
fuso. Sicché il primo fuso che si sarebbe riscontrato a est di Greenwich poteva
essere solo il 15° meridiano che, attraversando Termoli, si ricongiunge
all’Etna – il cosiddetto Termoli-Etna – (quello di Vasto, al contrario, è posto
sulla long. 14°42’30” E). Come si può capire, parlo sempre del medesimo meridiano
che, nella località di Rio Vivo, incrocia il 42° parallelo. Quello stesso
parallelo dove è allineata Chicago e che, nella cultura nordamericana, è stato definito,
«una linea mitica sulle mappe che taglia attraverso il cuore degli Stati
Uniti». Vale a dire, un suggestivo richiamo al medesimo locus letterario
che John Dos Passos aveva utilizzato per titolare l’omonimo suo romanzo sull’America
del proibizionismo. Ricordo di aver letto il libro sul finire degli anni
Sessanta, dopo aver seguito nel circolo del cinema della mia città un ciclo di
film su Charlie Chaplin e sui tempi moderni. E una frase che mi aveva
fortemente colpito (e in cui mi riconoscevo) recitava pressappoco in questi
termini: «volevo essere a casa ma non avevo casa».
Il segno del meridiano Termoli-Etna |
In
effetti, nel magico titolo di Dos Passos, c’era tutto il senso dello
spaesamento di un ragazzo alla ricerca di un qualcosa che non riusciva a
afferrare. Un segno immaginario che fissava il proprio orizzonte di riferimento
in un dove di cui ignorava la via. Ma quel diciottenne non avrebbe mai
pensato di poterlo trovare, molto più avanti negli anni, visibile nelle
vicinanze della città in cui abitava e in cui avrebbe continuato a abitare.
In
ogni caso, di là dall’evocazione di suggestioni personali, il monumento eretto
sulla spiaggia di Termoli va ben oltre la sua denominazione allusiva: «Il Sogno». È «Il Sogno» dell’A.G.I.T., (Associazione
Geometri Italiani Topografi) che ha voluto realizzare sulla Terra il punto di
incontro tra spazio e tempo, il qui e l’ora, l’hic et nunc,
il «confine» che determina l’UTC, vale a dire il Tempo Coordinato Universale
dell’Europa centro-occidentale che, in un punto dello spazio terrestre ben
definito, regola il tempo civile di tutte le attività umane che si svolgono sul
nostro pianeta.
Il segno del 42° parallelo |
In
buona sostanza, dal 5 aprile 2014, un’installazione realizzata in pietra lunare
di m 7 d’altezza x m 4 di larghezza che sembra dare corporeità a ciò che Kant
aveva chiamato forme dell’intuizione sensibile (spazio e tempo,
per l’appunto), vale a dire le strutture apriori del soggetto che, nelle intuizioni
dei dati sensibili, pongono le condizioni di conoscenza dell’oggetto. Vale a
dire, il limite del conoscere postulato dalla ragione. Ma c’è di più. L’idea di
confine che si realizza nel monumento termolese ha qualcosa di
straordinariamente interessante che richiama alla memoria ciò che Heidegger ha
espresso nel colloquio di Darmstadt del 1951 dal titolo Costruire, abitare,
pensare: «Un confine non è quello che mette fine, ma come già intendevano i
Greci, il confine è il dove del principio della presenza di una cosa».
Già il principio dello spazio-tempo di Termoli comincia ad avere un dove,
la presenza, nel momento in cui la sua traccia è fissata sulla Terra. Così come
tutto ciò che esiste si definisce in base ai limiti che delineano una forma. Il
monumento di Termoli è la forma dell’UTC+1 che lo rende intellegibile agli
abitatori del tempo in uno spazio. E come tutte le idee, cominciano a
sussistere nel momento in cui sono viste.
Ma riusciremo
mai, noi contemporanei, a comprendere il senso di questa cosa? Per
quanto mi par di capire, la domanda non ha risposta.
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